Oggi mi sono ricordato che qui, oltre alle foto, mi ero ripromesso di scriverci anche 2 cose, così, ogni tanto, a tempo perso e senza impegno…
Poi non so cosa sia successo (non è vero lo so benissimo, ma fingo alla grande), devo essermene dimenticato. Ma oggi, dicevo, me ne sono ricordato, ed ecco un estratto del libricino a quadretti che ho comprato in Bolivia, quando, dopo circa 4 mesi di viaggio, ho deciso che avrei dovuto iniziare a scrivere le cose che mi venivano in mente, quelle che mi accadevano; hey, meglio tardi che mai no?
23/8/16 Sul Rio delle Amazzoni
Ho sempre adorato viaggiare in treno: lento e costante, un buon compromesso, di solito, tra funzionalità, comfort e possibilità di godersi il paesaggio, che come un gomitolo di lana si srotola fuori dal finestrino.
Oggi però questo battello che scivola lento sulle acque del Rio Amazonas, spodesta il treno.
Ieri, dopo un tour di 1 giorno nella foresta Amazzonica, nei pressi di Iquitos, ci siamo imbarcati: circa alle 17:30 abbiamo preso posto sul secondo ponte, quello più alto, del possente e fatiscente “El Gran Diego”, vecchio battello fluviale che ci porterà in circa 36 ore a Santa Rosa, isola Peruviana che sorge in quella parte del fiume dove si incontrano i confini di Brasile, Colombia e Perù. La barca di per sé è un mondo a parte, che fa su e giù per questo pezzo di Amazzonia, con il suo equipaggio, la sua cucina (2 in realtà), i bagni angusti e puzzolenti, le centinaia di passeggeri di cui solo poche decine sono turisti, il suo enorme e variegato carico di merci e pollame, la stesa di amache che si intrecciano e oscillano assecondando il moto lento del battello, lo sbrogliarsi pigro del fiume o la spinta oziosa di chi vi ci riposa le ossa sopra.
A dar vita ed energia, nonché suoni ed odori, a questo quadro sonnecchiante, ci pensa l’altro fiume, quello di venditori che si inseguono sui ponti de “El Diego” ad ogni sua fermata.
Ad ogni approdo un piccolo esercito, armato di brodo di gallina, pollo alla griglia, empanadas, frutta, caricabatterie per cellulari e quant’altro, sale a bordo cercando di vendere la propria mercanzia per pochi Soles. Noi, forse per fortuna, ci limitiamo ad osservare e scattare foto, squattrinati testimoni di questo colorato spettacolo che va in scena lungo il bordo della giungla.
Già la giungla, la foresta Amazzonica, la più grande foresta pluviale del pianeta nonché suo polmone, che l’uomo, con tanta premura masochista, continua a distruggere, disboscare, inquinare.
Gli abitanti del posto fanno la loro parte, probabilmente non del tutto consapevoli del danno arrecato:
ed ecco che dai finestrini vengono buttati giù i corpi esanimi delle mercanzie dell’esercito di venditori, plastica di ogni tipo che tristemente fluttua sul fiume e, probabilmente, vi resterà chissà per quante generazioni a venire (o forse no, non verranno, se continuiamo questa opera di sterminio con tanta efficienza).
Un cartello ad uno dei finestrini a loro dedica una candela di speranza:
“Las generaciones futuras tambien derecho a disfrutar del rio.
Cuidamoslo. Gracias”
E intanto, mentre qualcuno davvero si prende cura del fiume, altri leggono un libro, c’è chi dà da mangiare a cuccioli, che siano di cane o di uomo, altri aggiustano l’altezza della propria amaca, chi fa 2 chiacchiere con i vicini, e chi, quasi assente o in trance, con gli occhi di bimbo sognante, guarda fuori, laggiù, a quel pacifico paesaggio che immobile… cambia! Impercettibilmente si muove, restando sempre se stesso: la giungla.