Domeniche, senza fretta.

Domeniche, senza fretta.

Ho sempre un bel ricordo delle Domeniche di quando ero ragazzino, per diversi motivi, sicuramente un po’ di nostalgia filtra i ricordi, ma se provo a riportare alla memoria UNA immagine del perché, in realtà mi si presenta un collage. Noto però un filo conduttore, una cosa che hanno in comune, o meglio, NON hanno: non c’è fretta.

In tutte quelle immagini, in tutti quei ricordi sbiaditi, colmi di malinconia, di amore, di assenze, di odori e rumori, in tutte, la fretta non si vede proprio, nemmeno nello sfondo.

Crescendo guardavo alle grandi città , ai film americani, al “futuro” che entrava nelle nostre vite (o almeno in quelle dei fortunati che vivevano in queste grandi metropoli) e mi dicevo “che figata! negozi aperti 24/7, bar, ristoranti, cinema, supermercati, tutti (vabbè ero un ragazzino magari esageravo un po’..) aperti SEMPRE! non esiste il riposo settimanale, non devi aspettare Lunedì per andare a comprare quel cd che hai scoperto venerdì sera” e cose simili, in supporto della teoria che, il non fermarsi mai, il correre ed essere tutti di fretta fosse un gran culo! un’opportunità che finalmente ci veniva immeritatamente donata (sempre a quei fortunati di prima eh, mica a me)

[Che poi riflettendoci c’è una similarità con “l’essere sempre connessi” sempre online, sempre reperibili, ma quindi anche SEMPRE reperibili, non so se mi spiego. Iniziata con i cellulari, quelli vecchi che adempivano solo ad una funzione, quella per cui erano stati creati, telefonare, poi evolutasi con l’online degli smartphone, delle reti, del cloud.. anche questo un gran culo no?]

Beh in quel collage, in quelle immagini della domenica, la fretta non c’era.

Non c’era nella domenica a casa, che ci si svegliava più tardi (ovvio non si va a scuola!), poi si andava a fare la spesa al mercato, aperto solo in questo giorno, perché se è vero che anche il Signore si riposò il settimo giorno, qualcuno il pane fresco lo deve pur fare no? altrimenti la scarpetta nel ragù che è stato cucinato per circa 14 ore fino a finalmente pippiare, come la facciamo?? E per farci perdonare questo piccolo peccato e i tanti altri accumulati nei 6 giorni precedenti, si faceva anche tappa a Messa.

Poi il pranzo, i parenti, le partite (“speriamo che Maradona fa uno dei suoi miracoli!”) e o il gran premio (“e che le Rosse salgano sul podio”), i dolci, il caffè, le discussioni con i parenti (vabbè almeno hanno portato i dolci!), la partitella a carte, un altro caffè, qualche altra cosina di “sfizio da mangiare”, i più piccoli che giocano in cameretta, che magari guardano uno di quei classici Disney che gli rovinerà parte della vita, facendogli credere che animali possano lavare, cucire, rassettare, parlare, volare, che ragazzine sfruttate e maltrattate avrebbero trovato una fortuna grazie all’acquisizione di una scarpetta quando poi nella vita reale la fortuna la SPENDERANNO in scarpette! Ahhh Walt Walt!

Poi i parenti, senza fretta, tornano a casa e ci si prepara ad una nuova settimana di uffici e negozi aperti, “a dormire che domani si va a scuola e io ho 1000 cose da fare” diceva il papà.

Oppure non c’era nella domenica “a mangiare fuori” (così magari anche la mamma scopre che, la fretta, di Domenica non esiste): la tappa Messa non mancava anche qui, famiglia Cristiana, noi, non il giornale; ma poi si andava a prendere la macchina e grazie all’antenato di Google maps, il cervello di mio padre, si arrivava in un posto che nella mia mappa mentale non esisteva, che probabilmente era dalla parte opposta della città e che poteva essere raggiunto solo da adulti esperti guidatori, ma che poi, una volta cresciuto, ho scoperto trovarsi a una distanza tra i 5 e i 15 km, facilmente raggiungibile in 15 minuti nelle domeniche senza fretta e senza traffico! Si perché incredibile ma vero, di Domenica la fretta non era l’unica assente, si portava via anche il traffico: ed eccoti a girare per la grande città , intasata da ingorghi tutte le mattine e i pomeriggi della settimana, adesso VUOTA! (o quasi mica eravamo gli unici ad andare a mangiare al ristorante sia inteso). Altra cosa da chiarire è che il traffico in realtà si prendeva mezza giornata libera, dopo pranzo, in tanti soprattutto dai sobborghi e periferia della città, si riversavano in strada, per andare a prendere un gelato, o andare a fare una passeggiata, ma sempre senza fretta.

Oggi, in un mondo che sempre più pare avere abbondanza di fretta, dove tutti hanno un gran culo e non devono (figuriamoci se vogliono) aspettare più per nulla, tutto è sempre disponibile, a partire dal proprio tempo e della propria privacy, oggi riguardo a quel bambino sognante e un po’ invidioso e capisco quanto fosse fortunato a vivere in un mondo, in una città che poteva permettersi il lusso di rallentare, di non essere “disponibile” o “connessa” e vivere cosi una Domenica senza fretta.

Brandelli di viaggio… tra Wanaka e Franz Josef

Un incompleto, un brandello di un diario di viaggio inesistente

“Dopo una lunga riflessione, al termine di una riunione di condominio alla quale, si metta agli atti, erano presenti il mio cervello (si, ne ho uno) da overthinker, il mio cuore gipsy e tutti i miei dubbi (uno spettacolo da vedere, uno stadio gremito, una riunione condominiale, in uno stadio…pieno. Pieno di dubbi), all’unanimità si è deciso di scrivere queste note. Le 2 motivazioni principali che hanno portato a questa decisione sono le seguenti: il fare pratica nello scrivere, che pare possa riuscirmi bene talvolta e che anche quando non lo fa, mi procura comunque un discreto piacere: il cercare di analizzare le mie emozioni, riorganizzandole nella testa e consegnandole alla carta, beh ai pixel direi, nel tentativo di capirle e lasciarle andare, smettendo di giudicarle (mi?) sempre con tanta rabbia. Un blando tentativo di fare pace con me stesso insomma e, conoscendo i miei demoni, mi sa che per una volta nella vita ho un progetto ambizioso.

È davvero difficile scrivere… no dico, proprio fisicamente: sono in un bus in Nuova Zelanda, che mi sta sballottando da Wanaka a Franz Josef, tra un tornante e l’altro, cerco di non vomitare, di scrivere cose sensate scandagliando la mia anima, e intanto godere dello spettacolo mozzafiato che si sta srotolando fuori dai finestrini. La Natura avendo “solo” a disposizione qualche centinaio di milioni di anni, e arnesi come acqua, vento e forze sismiche, se l’è cavata piuttosto bene qui in NZ. Mi è sempre piaciuto viaggiare in treno: il dondolio della vettura che mi culla mentre il paesaggio mi scorre addosso; e in questo caso, che paesaggio! Siamo in una parte molto selvaggia e incontaminata del paese, non ci sono case, resorts e ripetitori telefonici; se non fosse per il serpente di asfalto che attraversa questo territorio e le poche macchine che lo cavalcano, si direbbe che l’essere umano, qui, ancora non ci ha messo piede: per fortuna, o sfortuna, non è così. Chilometri e chilometri di catene montuose che si inseguono, con indosso mantelli di foresta fittissima che lasciano solo spazio, qualche volta, all’inarrestabile acqua: cascate, torrenti, piccoli corsi d’acqua, saltano giù dalle rocce e si riposano nelle immense vallate ai piedi di questi giganti, le Alpi neozelandesi. L’inverno non è ancora arrivato, ma l’Autunno si affretta ad impacchettare le sue cose: ancora si possono godere i mille colori di questa stagione, e già si può avere un’anteprima della prossima. Le vette innevate, il ghiaccio che ricopre tutto durante la notte e scappa via nelle prime ore del mattino”

Intanto, da qualche parte sul Rio delle Amazzoni…

 Oggi mi sono ricordato che qui, oltre alle foto, mi ero ripromesso di scriverci anche 2 cose, così, ogni tanto, a tempo perso e senza impegno…

Poi non so cosa sia successo (non è vero lo so benissimo, ma fingo alla grande), devo essermene dimenticato. Ma oggi, dicevo, me ne sono ricordato, ed ecco un estratto del libricino a quadretti che ho comprato in Bolivia, quando, dopo circa 4 mesi di viaggio, ho deciso che avrei dovuto iniziare a scrivere le cose che mi venivano in mente, quelle che mi accadevano; hey, meglio tardi che mai no?

23/8/16                 Sul Rio delle Amazzoni

Ho sempre adorato viaggiare in treno: lento e costante, un buon compromesso, di solito, tra funzionalità, comfort e possibilità  di godersi il paesaggio, che come un gomitolo di lana si srotola fuori dal finestrino.
Oggi però questo battello che scivola lento sulle acque del Rio Amazonas, spodesta il treno.

Ieri, dopo un tour di 1 giorno nella foresta Amazzonica, nei pressi di Iquitos, ci siamo imbarcati: circa alle 17:30 abbiamo preso posto sul secondo ponte, quello più alto, del possente e fatiscente “El Gran Diego”, vecchio battello fluviale che ci porterà in circa 36 ore a Santa Rosa, isola Peruviana che sorge in quella parte del fiume dove si incontrano i confini di Brasile, Colombia e Perù. La barca di per sé è un mondo a parte, che fa su e giù per questo pezzo di Amazzonia, con il suo equipaggio, la sua cucina (2 in realtà), i bagni angusti e puzzolenti, le centinaia di passeggeri di cui solo poche decine sono turisti, il suo enorme e variegato carico di merci e pollame, la stesa di amache che si intrecciano e oscillano assecondando il moto lento del battello, lo sbrogliarsi pigro del fiume o la spinta oziosa di chi vi ci riposa le ossa sopra.

A dar vita ed energia, nonché suoni ed odori, a questo quadro sonnecchiante, ci pensa l’altro fiume, quello di venditori che si inseguono sui ponti de “El Diego” ad ogni sua fermata.

Ad ogni approdo un piccolo esercito, armato di brodo di gallina, pollo alla griglia, empanadas, frutta, caricabatterie per cellulari e quant’altro, sale a bordo cercando di vendere la propria mercanzia per pochi Soles. Noi, forse per fortuna, ci limitiamo ad osservare e scattare foto, squattrinati testimoni di questo colorato spettacolo che va in scena lungo il bordo della giungla.

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Già la giungla, la foresta Amazzonica, la più grande foresta pluviale del pianeta nonché suo polmone, che l’uomo, con tanta premura masochista, continua a distruggere, disboscare, inquinare.

Gli abitanti del posto fanno la loro parte, probabilmente non del tutto consapevoli del danno arrecato:

ed ecco che dai finestrini vengono buttati giù i corpi esanimi delle mercanzie dell’esercito di venditori, plastica di ogni tipo che tristemente fluttua sul fiume e, probabilmente, vi resterà chissà per quante generazioni a venire (o forse no, non verranno, se continuiamo questa opera di sterminio con tanta efficienza).

Un cartello ad uno dei finestrini a loro dedica una candela di speranza:

“Las generaciones futuras tambien derecho a disfrutar del rio.
Cuidamoslo. Gracias”

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E intanto, mentre qualcuno davvero si prende cura del fiume, altri leggono un libro, c’è chi dà da mangiare a cuccioli, che siano di cane o di uomo, altri aggiustano l’altezza della propria amaca, chi fa 2 chiacchiere con i vicini, e chi, quasi assente o in trance, con gli occhi di bimbo sognante, guarda fuori, laggiù, a quel pacifico paesaggio che immobile… cambia! Impercettibilmente si muove, restando sempre se stesso: la giungla.

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I will face my fear

I’ve been travelling a lot, but still, when I hop on a plane I get a bit nervous, specially during take off and landing. Well today for the first time in my life, I boarded a plane with not even a small thought or concern about landing, no fear nor anxiety.
The Trick? I jumped out of the plane, easy.

Yes, today I lost my skydiving virginity.

For those of you fanatics about pictures and videos, you social media lovers, I’m sorry, your addiction will not be fed by me today for 2 reasons: the first, do you know how bloody expensive is the pics/video package?? the second, I jumped for the sake of adrenaline and embracing my fear, not for having a cool profile pic (I already have a cool profile pic anyway!).

But still, probably because of the adrenaline still running through my veins, I feel to share this experience.

So after many attempts (first time a year and a half ago in Amsterdam where, because of the bad weather, my booking was canceled twice, then a bit more than a year ago, in Dubai, I had to give up due to a 3 weeks long waiting list) 2 days ago I booked a Skydive experience. Woke up today at 7am, got ready to find out that the weather once again was trying to fool me. I went to the Skydive shop: canceled again! Rescheduled for the afternoon, hoping that the clouds were going to part.
Spent the morning setting up this blog/website/gallery/whatever, thinking that maybe it was a sign, “it’s not meant to happen”… or maybe, it’s just the way it is, no signs, no fate, just unfavorable circumstances: try again. So I did, sun was shining, literally, so here I am sitting on a small plane with no seats, sitting on the ground between a guy’s legs and having another guy sitting between my legs (no, it’s not as you think, no sex involved, just work for them… I mean, ohh forget about it man), flying up towards the 12thousands ft.
My restless mind was kept busy by the stunning view: Queenstown if you don’t know it, is a magical place, a tiny mountain town,  resting its bones over a crystal/blue lake,  hugged by a belt of snow topped (at least at this time of the year) monumental mountains. It’s strange how much a cold place like this can warm up your heart.

Anyway, back on the plane! Red light goes off! Get ready: helmet on, the door opens up, the first photographer places himself out of the plane hanging there as it was the most confy place on the planet. The first instructor gets on the edge, having his jumping buddy in between his legs (stop it, again it’s not what you think!); next thing I know is that they’re flying out of the plane and I can’t help thinking “shit they felt out of the plane! are they okay??”. No time to check, I’m next in line. Ok, he said to put my arms like this, my le…Wait give me a sec, I need to… too late, we’re out!
WOOOOOOOOWWWWW what the hellllll!!!!!! (I was screaming something else, but I can’t write it here).

For a time that realistically was 10 seconds, but seemed to last for ever to me, my brain was in shock: spinning, loosing reference points, trying to reach for a stable and still surface to hold on to, we’re in the clouds, I can’t see much, I just feel the air running fast over my face, what the guy said during the briefing? 200km/h free falling speed? Yeah I’m pretty sure. Hey look at that! The clouds are gone, I can see now! OH MY GOD!!! (sorry, don’t get upset if I don’t believe in you but I call your name in this situations, if you’ve tried skydive, you can understand me).

We’re getting more stable, the free falling is steady now and I can see the valley below, the mountains around us, the sun shining through the clouds, creating beautiful light and shades effects… what a view, I wish I had words to describe it. I mean, skydiving is an amazing experience wherever you do it, but in such a paradise, gives you a plus.
At this point I’m laughing and screaming like an idiot, the Walsh guy behind me must had thought I was out of mind, and he was right, I was. I felt happy and excited like a kid, free and alive as never before. Out of mind, for an overthinker, that’s a big deal! Eventually I found a way out of my mind.

And when you think it can’t get any better, this cool guy that came to NZ 15 years ago, supposedly only for a short stop during his world’s trip, asks me: “do you want to give it a try?” handing me the strings to manoeuvre  the parachute! If I want to try?? Hell yeah!
Pull the left one….pull the right one… starting going down in circles, fast, really fast: the stomach that for few seconds thought the worst was over, started to make its way up to the throat. I also realize that my breath is heavy, I feel a pain in the chest, probably my heart will jump out of his cage in a sec. Breath, again, and again,look around, smile and feel happy.

Here we go, the land is getting closer, gravity is getting us back to the ground, and me back to reality; few more seconds and I find myself sitting on the grass, struggling to compute what had just happened: my mind is all over the place, my body is trying to put things back in place (literally, I’m pretty sure my organs were arranged in a different way  when we took off) and I can’t stop laughing 🙂

So, that’s how it feels to fly. Pretty cool.

I leave you with a suggestion and a quote: if you can, do it, skydive, it’s awesome!
And here the quote I found on the skydive shop’s brochure:
“I must not fear,
fear is the mind killer.
Fear is the little death that brings
total obliteration.
I WILL FACE MY FEAR.
I will permit it to pass over
and through me.
And when it has gone past
I will turn the inner eye
to see its path.
Where the fear has gone
there will be nothing.
Only I will remain.”
Fear by Frank Herbert

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Just thoughts and light-drawings from a traveller who thinks too much!